Un intervento chirurgico molto impegnativo a poche ore di vita, per il quale i medici avevano avvertito del rischio di insuccesso. Poi, il 2 ottobre di sei anni fa, la diagnosi: fibrosi cistica. Gabriella e Mauro, della Delegazione FFC “Il sogno di Aiden” hanno raccontato la loro esperienza di nonni di un bambino con fibrosi cistica. 

La loro prospettiva, questa volta, non è quella da genitori ma da nonni. D’altronde, la fibrosi cistica non è mai confinata a una singola persona: quando arriva la diagnosi di un bambino o di una bambina, tutti i familiari che gli sono vicini imparano a conoscere la malattia e le sue sfide. Raccontano Gabriella e Mauro: «Quando li abbiamo raggiunti in ospedale, abbiamo trovato “i ragazzi (i genitori di Aiden ndr) seduti fuori: non sapevano cosa fare, come reagire. In un primo momento erano disperati. Ora, dopo il percorso che abbiamo fatto per avere risposte, che abbiamo potuto trovare anche grazie a FFC Ricerca, li vediamo più sereni».

Non mancano le sfide quotidiane per un bambino con fibrosi cistica. Aiden oggi ha sei anni e si deve alzare presto per iniziare i trattamenti, che lo accompagnano nel corso della giornata, prima di andare a scuola: aerosol (tre al giorno), PEP mask per aiutare a liberare le vie respiratorie dalle secrezioni, lavaggi nasali – quando sta bene. E anche solo andare al parco giochi significa attrezzarsi con salviette, disinfettanti, tutto ciò che serve per limitare il rischio di infezioni.

«Adesso, con la nostra esperienza, a una coppia direi davvero di fare il test del portatore di fibrosi cistica: 1 su 30 e non lo sai non è uno slogan», continuano Gabriella e Mauro. «Abbiamo parlato con molte persone che, pur avendo familiari con la fibrosi cistica, non conoscevano questo esame né pensavano che i portatori sani fossero così frequenti. Un esempio particolarmente significativo è stato quello di un ragazzo la cui famiglia aveva fatto le indagini genetiche: lui è risultato portatore sano; poi è andato in Spagna e ha trovato la sua compagna, e anche lei è risultata portatrice. Se non l’avesse saputo lui per primo, non avrebbero saputo nemmeno la probabilità di avere un figlio con la malattia – e il 25% di probabilità per ogni gravidanza non è poco». 

La storia di Aiden e dei suoi nonni testimonia ancora una volta come la paura si possa affrontare attraverso l’informazione, la ricerca, la rete con le altre persone. In breve, un invito alla consapevolezza, che è sempre una delle basi più solide per fare le proprie scelte.