L’amniocentesi consiste nel prelievo di una piccola quantità di liquido amniotico, cioè il liquido che circonda e protegge il feto nell’utero. Questo liquido contiene cellule fetali sulle quali in laboratorio si possono eseguire varie indagini: l’analisi dell’insieme dei cromosomi del feto (cariotipo o mappa cromosomica), per accertare anomalie di struttura o nel numero dei cromosomi (come la sindrome di Down); oppure l’analisi del DNA fetale per diagnosticare malattie genetiche (come la fibrosi cistica).

L’amniocentesi si esegue in genere al quarto mese di gravidanza (tra la 15a e la 18a settimana). Sotto controllo ecografico, il medico introduce un ago attraverso l’addome materno fino ad arrivare all’interno dell’utero dove aspira il liquido amniotico. Per questo motivo è un esame definito invasivo. Nonostante questa invasività, i rischi sono molto bassi: in particolare, il rischio di aborto indotto dall’esame oggi, è stimato inferiore all’1%.