La fibrosi cistica è una malattia grave, senza ancora una cura risolutiva, che riduce la qualità della vita e richiede cure continue e costose. I portatori di questa malattia sono tutt’altro che rari.e  il test del portatore di fibrosi cistica è uno strumento fondamentale per arrivare alla gravidanza in modo consapevole. Oggi, però, il costo del test è coperto dal Servizio sanitario nazionale solo per le persone che hanno parenti con la fibrosi cistica. Quale sarebbe il costo economico e sociale di un’offerta del test ampliata a tutta la popolazione? Garantirebbe una maggior equità delle cure, o potrebbero piuttosto presentarsi differenze regionali che porterebbero a nuove diseguaglianze? Sarebbe sostenibile, in termini organizzativi, per le strutture sanitarie?

Queste sono solo alcune delle molte e importanti domande che sorgono ipotizzando un’offerta del test del portatore per tutta la popolazione. Per rispondere, la Fondazione per la Ricerca sulla Fibrosi Cistica ha realizzato, con la collaborazione della LIULC Business School e dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, un Health Technology Assessment (HTA). In breve, si tratta di una valutazione multi-dimensionale che possa fornire informazioni complete sugli effetti clinici, economici, organizzativi, sociali, etici e legali del test del portatore se fosse offerto a tutta la popolazione. Ne riportiamo i principali risultati; il documento completo è disponibile qui.

Il quadro economico e gestionale

L’analisi confronta due scenari: il primo è quello attuale, in cui il test è offerto solo a persone con familiarità con la malattia, mentre il secondo prevede un’estensione dell’offerta del test alla popolazione generale in età fertile, sia in fase pre-concezionale sia in fase prenatale.

Dal punto di vista economico e gestionale, secondo l’Health Technology Assessment, i costi iniziali dell’offerta ampliata sarebbero elevati e determinerebbero un incremento significativo della spesa sanitaria, soprattutto nel primo anno. Nel lungo termine, però, i costi tenderebbero a ridursi e, nell’arco di sei anni, il programma risulterebbe sostenibile. Questo effetto sarebbe legato a un minor numero di nascite di bambini e bambine con la fibrosi cistica, e ai conseguenza dei minori costi di trattamento. 

Al momento mancano dati solidi e aggiornati su come il test del portatore esteso alla popolazione possa influenzare le scelte riproduttive, ma gli studi disponibili esaminati dall’HTA suggeriscono che l’adesione sarebbe alta, soprattutto per un test offerto in fase prenatale.

Il carico di lavoro per le strutture sanitarie aumenterebbe del 50% circa per l’aumento di richieste di test e di consulenze genetiche e psicologiche, ma diminuirebbero le ospedalizzazioni delle persone con fibrosi cistica.

Health Technology Assessment: aspetti etici e sociali

Le interviste e i questionari raccolti nel corso della valutazione hanno evidenziato come l’offerta ampliata del test sarebbe accolta con favore sia tra i professionisti sanitari, sia tra le persone con la fibrosi cistica e i loro familiari, sia dalla popolazione generale. Con un caveat: potrebbe aumentare il rischio di stigmatizzazione della persone con la malattia, che potrebbero sentirsi escluse o percepite negativamente dalla comunità. È, questo, un aspetto etico e sociale cui sarà necessario prestare la massima attenzione nel momento in cui il test del portatore riuscisse a essere offerto a tutti. Così come non dovrà essere trascurato il rischio di diseguaglianze regionali nell’offerta del test, che potrebbero aumentare le disparità  nel Paese.Sotto quest’ultimo aspetto, però, l’Health Technology Assessment evidenzia come a questo rischio di diseguaglianza regionale si associ d’altro canto una maggior equità nell’accesso alle cure, perché il test, oggi molto costoso per chi non ha parenti con la fibrosi cistica o portatori, ridurrebbe le disparità legate alla disponibilità economica delle famiglie.

Infine, l’Health Technology Assessment ha analizzato l’ipotetica offerta ampliata del test dal punto di vista legale, sottolineando come sarebbe necessaria una regolamentazione chiara sull’uso dei dati genetici raccolti.

L’offerta ampliata del test del portatore sarebbe sostenibile dal punto di vista economico e anche bene accolta, sebbene vi siano aspetti etici e sociali che richiederebbero attenzione. Inoltre, il modello potrebbe potenzialmente essere esteso ad altre malattie genetiche. La principale incertezza riguarda la modalità di implementazione: occorrono studi pilota per definire le migliori strategie di organizzazione e informazione. Con la campagna “1 su 30 e non lo sai”, Fondazione Ricerca Fibrosi Cistica sta lavorando per coinvolgere istituzioni, operatori sanitari e cittadini, al fine di  trasformare questa possibilità in realtà.