Negli ultimi anni, uno dei metodi che ha dato nuovo supporto alla ricerca in generale, e a quella sulla fibrosi cistica in particolare, è l’uso degli organoidi. Una novità importante, considerando che circa 1 persona su 30 è portatrice sana di questa malattia genetica senza saperlo. Gli organoidi sono modelli tridimensionali, formati da cellule coltivate in laboratorio, che offrono un una strategia innovativa e realistica per studiare il malfunzionamento del gene CFTR e testare l’efficacia dei farmaci su misura per ciascun paziente.
Uno dei vantaggi dell’uso degli organoidi è la possibilità di concentrarsi sulla medicina personalizzata, perché possono essere realizzati con cellule prelevate direttamente dal paziente. Vediamo un recente studio che, proprio basandosi sugli organoidi, ha indagato nuove possibilità terapeutiche anche per le forme più rare di fibrosi cistica.
Gli organoidi intestinali per lo studio della fibrosi cistica
Partiamo da una precisazione: gli organoidi non sono, come si potrebbe pensare, “mini-organi”. Sono semmai dei modelli che presentano alcune caratteristiche fondamentali di un organo, anche se altre possono mancare: per esempio, di solito gli organoidi non sono vascolarizzati, cioè non hanno vasi sanguigni che li nutrono. Come abbiamo accennato, sono comunque preziosi per la ricerca. Gli organoidi più semplici da ottenere e usati da più tempo, però, sono quelli intestinali. Possono essere sviluppati a partire da un campione prelevato dal paziente con una biopsia e, quindi, presentano le sue stesse caratteristiche genetiche, che influenzano sia la gravità della patologia sia la risposta alla terapia.
Lo studio, recentemente pubblicato sul Journal of Cystic Fibrosis, ha usato proprio gli organoidi intestinali per studiare il possibile trattamento di quattro varianti rare del gene CFTR, per le quali l’efficacia dei modulatori è poco conosciuta. Ricordiamo che questi farmaci rappresentano la terapia più innovativa per la fibrosi cistica e agiscono su specifici difetti, determinati dalle varianti genetiche, della proteina alterata.
In particolare, il gruppo di ricerca ha valutato l’efficacia del trattamento combinato elexacaftor-tezacaftor-ivacaftor. Si tratta di due farmaci che agiscono come correttori (cioè aiutano la proteina malfunzionante a piegarsi correttamente la membrana cellulare) e uno, l’ivacaftor, che agisce come potenziatore, cioè aumenta l’apertura e la funzionalità della proteina. Oggi, in Europa, l’uso di questa combinazione di farmaci è approvata per le persone con almeno una copia della mutazione F508del, che è la più comune forma di mutazione nella fibrosi cistica. Vari studi, tra cui quest’ultimo, stanno però indagando la sua possibile efficacia anche per persone con mutazioni più rare.
Ricercatori e ricercatrici hanno quindi sviluppato degli organoidi intestinali a partire dai tessuti di pazienti con mutazioni rare del gene CFTR (indicate dalle sigle L383S, I507del, L1065P e R1066H) e hanno valutato l’efficacia del trattamento. La valutazione è stata condotta anche su colture di cellule epiteliali “classiche”, anch’esse derivate dai pazienti.
I risultati dello studio
I risultati del loro lavoro mostrano che due delle varianti – L1065P e R1066H – rispondevano bene alla terapia, con un netto miglioramento della funzione del canale CFTR e del trasporto di cloruro e bicarbonato. Questo suggerisce che il trattamento potrebbe attenuare i sintomi della malattia nelle persone portatrici di queste mutazioni. Più modesto, invece, è stato il beneficio osservato per la variante L383S, mentre la mutazione I507del ha mostrato una risposta minima.
Questi risultati sono in linea con quelli ottenuti con altri tipi di modelli cellulari comunemente usati per studiare il funzionamento della proteina CFTR. E, scrivono autori e autrici dello studio, «Supportano l’utilizzo di test basati su organoidi per accelerare l’introduzione di farmaci efficaci per le persone con fibrosi cistica portatrici di varianti rare del gene CFTR (o combinazioni di esse) non ancora studiate». Un aspetto importante, perché gli organoidi sono modelli relativamente recenti, per cui è importante verificare se le risposte che permettono di ottenere sono coerenti con altri tipi di modelli. Ma hanno il vantaggio di consentire di valutare la risposta personalizzata a farmaci nei casi di mutazioni rare.
L’importanza di conoscere il proprio stato di portatore
Un dato che spesso passa inosservato è che 1 persona su 30 è portatrice sana di una mutazione del gene CFTR responsabile della fibrosi cistica. I portatori sani non manifestano la malattia, ma possono trasmetterla ai propri figli se anche l’altro genitore è portatore.
La maggior parte di queste persone ignora di essere portatrice, ma è disponibile un test genetico che può rivelarlo. Questa informazione è particolarmente importante per le coppie che stanno pianificando una gravidanza, poiché consente di valutare il rischio di trasmettere la malattia e di effettuare scelte consapevoli.
Verso una medicina sempre più personalizzata
Insomma, grazie agli organoidi la ricerca sulla fibrosi cistica sta entrando in una nuova fase, nella quale le terapie non sono più pensate solo per grandi gruppi di pazienti ma possono essere adattate alle caratteristiche genetiche di ciascuno, aprendo prospettive concrete anche per chi convive con mutazioni rarissime.
E con la crescente consapevolezza sulla diffusione dei portatori sani e la disponibilità di test genetici specifici, siamo sempre più vicini a un approccio completo che combini scelte riproduttive consapevoli, diagnosi precoce e trattamenti personalizzati per questa complessa malattia genetica.