«La fibrosi cistica di Pasquale, così aggressiva, si è manifestata da subito… È stato ricoverato per quattro mesi in terapia intensiva: i polmoni non rispondevano e il muco, così persistente, aveva riempito l’intestino, così che lui non ha mai evacuato il meconio», racconta Anna, responsabile della Delegazione FFC Ricerca Palo del Colle, in provincia di Bari, ricordando il primo periodo di vita di suo figlio. Anna è una delle volontarie che, durante il raduno annuale di Fondazione Ricerca Fibrosi Cistica, ha portato la sua testimonianza su cosa significhi avere un figlio con la fibrosi cistica.
Oggi Pasquale ha tre anni. Ogni giorno dedica cinque o sei ore alla terapia: assume compresse di enzimi pancreatici, protettori per il fegato e vitamine, fa aerosolterapia e riabilitazione polmonare. È un impegno – e una necessità – quotidiano, anche se «L’aver ricevuto una diagnosi molto presto ha fatto sì che entrasse da subito nella routine quotidiana», spiega Anna. «Non associo Pasquale alla patologia o alle difficoltà che eventualmente si presentano: è una persona più grande della sua età e mi ha insegnato a vivere, perché, nonostante tutto, ha una forza incredibile. La sua vita è così fragile ma allo stesso tempo potente».
Ad Anna non era stato proposto il test del portatore sano di fibrosi cistica prima della gravidanza. Così, molte coppie scoprono di essere portatrici solo quando il figlio o la figlia nascono malati. Nel raccontare la sua esperienza, Anna concorda con gli altri volontari che hanno portato la propria testimonianza: il test è uno strumento fondamentale per poter affrontare la gravidanza in modo consapevole. «Penso sia uno strumento fondamentale e prezioso, e lo consiglio a tutte le giovani coppie che vogliono intraprendere un percorso di gravidanza. Perché è importante sapere ciò che sarà un ipotetico figlio, sano o eventualmente con una patologia».
Per saperne di più visita la sezione del sito dedicata al test del portatore sano di fibrosi cistica.