La diagnosi di fibrosi cistica può arrivare inaspettata, anche per bambini in apparenza del tutto sani. È successo ai genitori di Tommaso, Monia e Giuseppe, della Delegazione FFC Ricerca di Crevalcore, che durante il raduno annuale dei volontari di Fondazione Ricerca Fibrosi Cistica ci hanno raccontato la loro storia.

«Quando è nato, Tommaso pesava 4,2 chili e tutti i parametri erano perfetti, cresceva normalmente», raccontano. Ma poi è arrivata la telefonata per ripetere un esame del sangue, e poi di fare un altro tipo di esame: quello del sudore, il test di riferimento per la diagnosi di fibrosi cistica. Man mano, gli altri genitori che avevano portato i figli a fare il test lasciavano l’ospedale e tornare a casa: «Noi invece restavamo lì. Alla fine ci hanno chiamato, comunicandoci che Tommaso era risultato positivo alla fibrosi cistica». Una malattia di cui, fino alla diagnosi, ignoravano l’esistenza.

Monia, Giuseppe e Tommaso conducono una vita normale, anche se le terapie sono una presenza quotidiana. «Ci hanno detto fin da subito di non mettere Tommaso sotto una campana di vetro, e ne abbiamo in un certo senso fatto il nostro stile di vita», spiega Monia.

Né Monia né Giuseppe sapevano di essere portatori sani di fibrosi cistica. «Sul test del portatore sano ci deve sicuramente essere più informazione. A noi nessuno ne aveva mai parlato». Spiegano che essere consapevoli della probabilità di avere un bambino con fibrosi cistica permette di affrontare l’eventuale malattia in modo più preparato, più consapevole: «Se potessi dare un consiglio, è importante saperlo, perché è fuori discussione che debba esserci consapevolezza».

Per saperne di più visita la sezione del sito dedicata al test del portatore sano di fibrosi cistica.